Da più di 6 anni sono a Calais, insieme a due suore francesi, per offrire una presenza fraterna ai tanti esuli che passano per la città. Tutte e tre lavoriamo con il Secours Catholique (Caritas Francia), che ha qui un grande spazio di accoglienza con molti volontari. Al centro di accoglienza pomeridiano possono esserci 500 migranti o più, la loro presenza è un riflesso delle guerre e delle difficoltà di sopravvivenza in certi Paesi… Molti sono molto giovani, hanno fatto viaggi lunghi e pericolosi, a volte sono stati torturati o violentati…
Qui vivono in condizioni disumane: sono vessati in ogni modo dalle forze dell’ordine per scoraggiarli a rimanere a Calais. I loro alloggi di fortuna vengono spesso smantellati perdendo i loro effetti personali: documenti, telefoni, vestiti, coperte e spesso anche le tende. Nei loro accampamenti mancano l’acqua, l’accesso ai servizi igienici e la sicurezza. Queste condizioni di vita e le violenze subite (percosse, gas lacrimogeni, ecc.) hanno gravi conseguenze sulla loro salute fisica e mentale. Negli ultimi mesi abbiamo dovuto deplorare un gran numero di morti (annegamenti nella Manica, incidenti mentre salivano sui camion, suicidi dovuti alla disperazione per la minaccia di essere inviati in Ruanda dall’Inghilterra, ecc.)
Sono già passati due anni da quando, su richiesta del Secours Catholique, ho iniziato una nuova avventura trasferendomi in un appartamento del centro città con giovani in servizio civile e volontari per accompagnarli e aiutarli nel loro inserimento e servizio presso i migranti di Calais. A volte, quando è possibile e necessario, allestiamo il nostro salotto o le nostre camere da letto per ospitare chi altrimenti dovrebbe passare la notte fuori.
Mi occupo anche: dell’accoglienza di donne e bambini presso il centro diurno, di un progetto di integrazione tra rifugiati e abitanti di Calais attraverso il cinema, di sensibilizzazione nelle scuole, nelle associazioni e nei gruppi, attraverso l’esposizione di disegni e dipinti (chiamata “Parcours des Invisibles”) realizzati nel centro diurno. Faccio parte anche di un gruppo interassociativo che interviene in caso di decesso per riconoscere l’identità della persona e contattare le famiglie.
A livello parrocchiale, faccio parte del Consiglio Parrocchiale e di una Fraternità che si riunisce ogni 15 giorni per pregare e condividere.