… faccio cose, vedo gente…
Nel 2016 è iniziato per me il tempo della professione temporanea, periodo che nella vita religiosa intercorre tra i primi voti e quelli definitivi. E’ un tempo caratterizzato da formazione, discernimento, sperimentazione, ricerca, confronto.
È il tempo in cui si cerca di capire se davvero la strada intrapresa è quella che porta a realizzare in pienezza la vita che ci è stata donata. È il tempo in cui si impara a lasciar spazio a ciò per cui vale la pena vivere, a uscire dall’autoreferenzialità, ma soprattutto a lasciare spazio a Colui che ci ama da sempre e per sempre, e per cui tutto il resto diventa relativo. Indubbiamente è il cammino di una vita, ma nella professione temporanea ci si allena, aiutate da bravi coach e da attrezzi su misura.
Dopo aver vissuto il noviziato a Cergy (Francia) sono stata inviata a Cosenza e dopo quattro anni sono stata inviata a Roma, dove vivo attualmente. In questi cinque anni ho sperimentato cose che non avrei mai immaginato di poter vivere. Rimettermi sui libri a studiare; vivere in luoghi diversi da quelli in cui sono cresciuta e dopo poco tempo sentirmi comunque a casa; coinvolgermi in ambiti apostolici e sociali nuovi; non sentire estranei i dialetti che ho ascoltato, ma gustarli nelle loro peculiarità! E poi conoscere tante persone con cui camminare, collaborare, pregare, confrontarsi, divertirsi … insomma … crescere!
Certo i passaggi sono intensi, anche faticosi, chiedono dei tagli o forse è meglio parlare di potature, perché in effetti generano frutti inattesi. In questa esperienza di passaggi ho compreso cosa significa vivere chiedendo la grazia di un cuore largo e generoso, come invita Sant’Ignazio negli EESS. Sì, solo allargando il cuore si può continuare a portare con sé volti, storie, relazioni, paesaggi, profumi, impastandoli di eterno presente.
Tutto ciò che ho vissuto fin’ora (e che spero continui) è una grande opportunità umana e spirituale frutto del desiderio di radicamento nei luoghi dove sono stata inviata ma allo stesso tempo di apertura all’universalità. In altre parole è un’osmosi continua fra vita interiore e vita esteriore, tra dimensione sensibile e visibile che passa inesorabilmente attraverso l’obbedienza alla vita e la docilità allo Spirito.
E’ questo il senso che cerco nel cammino che sto facendo con le Ausiliatrici: saper contemplare l’eternità nell’oggi, saper scegliere sempre la vita con un profondo sentimento di gratitudine.
sr Chiara